Il 5 gennaio 2023 è entrata in vigore la Direttiva Corporate Sustainability Reporting (CSRD)[1] – 2022/2464/UE, la quale modifica il regolamento (UE) n. 537/2014, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la rendicontazione di sostenibilità per le società.
Questa nuova direttiva modernizza e rafforza le norme relative alle informazioni sociali e ambientali che le aziende devono fornire ed è diretta ad un insieme più ampio di grandi aziende, nonché di PMI quotate, che sarà ora tenuto a rendicontare sulla sostenibilità. La CSRD, inoltre, impone la necessità di assicurare l’affidabilità delle informazioni sulla sostenibilità divulgate dalle imprese e si occuperà di stabilire una tassonomia digitale per tali dati[2].
Le aziende dovranno applicare le nuove regole della CSRD per la prima volta nell’anno finanziario 2024, per i report pubblicati nel 2025. Rientrano in questa categoria più ampia le grandi imprese che, alla data di chiusura del bilancio, superano congiuntamente due dei seguenti tre criteri:
- attivo dello Stato patrimoniale > 20 mln di euro;
- fatturato superiore a 40 mln di euro;
- numero medio di dipendenti durante l’anno finanziario > 250.
Fino al 1° gennaio 2025, rimangono in vigore le regole introdotte dalla Direttiva NON-Financial Reporting (NFRD) – 2014/95UE. Ovvero, rimane in vigore l’obbligo di rendicontazione non finanziaria (fornire informazioni anche in merito agli aspetti ambientali, sociali e di governance – ESG), per gli emittenti quotati, banche e assicurazioni che abbiano avuto in media durante l’esercizio finanziario un numero di dipendenti superiore a 500 e che, alla data di chiusura del bilancio, abbiano superato almeno uno dei seguenti limiti dimensionali:
- alla data di chiusura del bilancio, abbiano avuto uno stato patrimoniale superiore a €20 mln;
- alla data di chiusura del bilancio, abbiano avuto ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a €40 mln.
Dal 1º gennaio 2026 le regole della CSRD si applicheranno anche alle PMI quotate, però con una possibile esenzione dall’applicazione della Direttiva fino al 2028.